Talk: Rinko Kawauchi – Il libro fotografico giapponese
Talk: 16.5.2018 7 pm
Con il Patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano
Rinko Kawauchi mostrerà il suo lavoro e attraverso esso ci introdurrà nel mondo del libro fotografico giapponese. Nata nel 1972 a Shiga, in Giappone, dopo aver studiato fotografia, ha lavorato in un’agenzia pubblicitaria prima di diventare fotografa freelance. Dopo la pubblicazione simultanea, nel 2001, dei tre libri fotografici Utatane, Hanabi e Hanako diventa famosa da un giorno all’altro, continuando a pubblicare molti altri libri fotografici e ricevendo numerosi premi e riconoscimenti. Oggi è una delle più importanti fotografe giapponesi contemporanee. Il libro fotografico ha una lunga tradizione in Giappone ed è caratterizzato da una sua estetica e materialità particolare. È diventato un importante mezzo di espressione per gli artisti dagli anni ’60 in poi e ancora oggi questi libri sono ambiti oggetti da collezione.
TALK: RINKO KAWAUCHI – IL LIBRO FOTOGRAFICO GIAPPONESE
16.5.2018
Interprete: Akanuma Megumi
Foto-forum Bolzano
La prima domanda riguarda il tema della mostra in corso, ‘Halo’: che cosa rappresenta per lei e qual è la storia dietro a questo lavoro e questo libro.
In questa mostra ci sono tre temi principali: il primo è quello degli uccelli migratori, il secondo è il festival “DaShuhua” della provincia di Hebei in Cina e il terzo riguarda il decimo mese del calendario lunare giapponese, chiamato ‘Kannazuki’, il mese in cui non ci sono dei, ma esiste un luogo in cui gli dei vanno e si incontrano.
Abbinando questi temi così diversi volevo capire cosa nasce, cosa si può trasmettere, infatti mi piace molto abbinare più temi e vedere cosa spontaneamente si crea da questi collegamenti.
Cerco qualcosa che non si vede e tento di catturarla.
Il mio obiettivo è vedere che cosa riesco a trovare unendo due cose totalmente opposte.
Quando realizzavo il libro ho capito che questa volta ho cercato la luce che emerge dal buio. Finora ho sempre creato opere illuminate, questa volta, invece, mi sono dedicata alla luce che fa brillare il buio. Questo non era il mio scopo prima del lavoro, lo ho capito dopo, mettendo insieme queste opere.
Sembra che non ci sia alcun nesso tra di loro, però disponendo le due fotografie in questo modo, qualcosa tra di loro si richiama e qualcosa tra di loro nasce. Anche la nostra vita sembra che non c’entri niente, in realtà c’è sempre qualche cosa che si incastra, che si intreccia. Le mie fotografie rappresentano questo concetto, questa sensazione.
Come obiettivo in ‘Hanabi’ ci sono due aspetti: la bellezza e l’effimero, inteso come fugacità. Sono due soggetti che amo moltissimo. Non solamente in questo libro, ma in ogni mio libro persiste il tema della bellezza e della fugacità, sono i miei argomenti principali.
L’espressività della natura e la sua fugacità sono due cose che mi interessano moltissimo.
Penso che, inconsciamente, volevo riconfermare che io sono viva. Ho sentito questa sensazione mentre preparavo questo libro (‘Aila‘).
Oltre a questi c’è ancora un altro tema a me caro, quello del cerchio della vita che nasce, muore e continua.
In ‘Murmuration’, per la prima volta, ho fotografato gli uccelli migratori e ciò si ricollega con la fotografia che troviamo esposta al piano di sotto, della serie ‘Halo’. Dopo aver fotografato gli uccelli migratori, ho pensato di fare il contrario: diventare io stessa un uccello. Così sono salita sull’autobus a due piani di Londra, dal piano di sopra immaginavo di essere un uccello e ho fotografato la gente proprio dal punto di vista degli uccelli.
Quando trovo un obiettivo che mi piace, continuo sempre a fotografarlo.
Mi interessa il modo di lavorare: quando lei va a scattare le foto ha un progetto in testa e va a scattare per questo progetto oppure scatta delle foto che poi edita, le associa e funzionano con questo progetto, o in un altro modo ancora?
– All’inizio catturo la fotografia senza pensare, come se fosse una cosa istintiva. Poco dopo arriva anche il concetto di questa cosa, però si, è abbastanza d’istinto. Per esempio dopo aver visto le fotografie che ho scattato, guardandole penso ‘perché ho fatto così?’ e allora comincio a fare proprio conversazione con le foto e facendo questo scopro anche qualcosa di me stessa. Quindi conversazione con l’opera ma anche con me stessa. Si può trovare sempre qualcosa.
Quando capisce che una serie è conclusa?
– Per me non finisce mai. L‘editore mi dice che dobbiamo finire e a volte sono grata di questo. Il fatto che ci sia una scadenza a volte da fastidio ma a volte mi aiuta.
Quando realizza gli scatti c’è un annullamento della propria persona, nel senso che lei scompare e c’è solo quello che si vede, oppure è anche molto presente quando realizza uno scatto?
– Si, a volte sento un leggero annullamento di me stessa, ad esempio quando catturavo gli uccelli mi sentivo anche io uno di loro. Mi sembra di essere presa e trasformata. C’è questo sdoppiamento.
Quali sono i riferimenti visivi fotografici, pittorici, e i colleghi che in qualche modo l’hanno influenzata?
– Quando ho iniziato a fare fotografia negli anni Novanta c’erano tanti fotografi giovani, da tutti loro ho ricevuto influenza. Banana Yoshimoto, amo molto le sue opere, le sue scritture, che mi hanno dato molta ispirazione. Ho fatto anche la copertina di uno dei suoi libri, il titolo è ‘Il lago’.
Io sarei curioso di sapere a che progetto sta lavorando o se ha qualche tema che vorrebbe esplorare in futuro.
– L’ultima opera che ho creato è un libro di fotografie accompagnate da una breve frase. La scorsa settimana è stato pubblicato. Fotografie con accanto frasi scritte da me, come una poesia.